GIRO GIRO TONDO A NKABUNE

Nkabune orphanage  Domenica ci siamo recati in visita al Nkabune orphanage, dista solo una decina di chilometri, la strada sterrata era dissestata e abbiamo impiegato un’ora. Al Nkabune orphanage al momento ci sono 86 ospiti che hanno un età dai 15 mesi ai 17 anni. Siamo stati accolti da un bellissimo canto africano alternato al “giro giro tondo” in italiano e alla “Macarena” e, come da usanza in Africa, il canto era accompagnato da battiti di mani e sorrisi che ti aprono il cuore.

Nkabune orphanage MERU

All’Orphanage i bimbi sono dolcissimi, ti abbracciano e ti prendono per mano. Noi 5 del Cottolengo Hospital non eravamo gli unici ospiti, dopo di noi sono arrivati anche due gruppi di kenioti; un gruppo era di Meru, il capoluogo della regione nella quale ci troviamo, l’altro gruppo di un paese sulle montagne.  Erano vestiti in modo elegante, si trattava visibilmente di benestanti. Credo che per questi due gruppi di visitatori locali l’evento fossimo noi donne bianche più che i bimbi, difatti due ragazzi ci hanno chiesto più volte di poterci fotografare. Abbiamo naturalmente acconsentito. Chissà cosa pensano di noi e che effetto facciamo loro.

Orphanage

Sister Anselmina dirige l’orfanotrofio e ha un sorriso aperto e generoso. Le sue vesti scure sono tappezzate di bambini.

Sister Anselmina Nkabune orphanage MERU

Due ragazze del centro dopo i canti e gli abbracci, ci hanno guidato attraverso la scuola primary, secondary e il college. Bello vedere che gli orfani possono andare a scuola fino ad un livello pre universitario. Il Nkabune orphanage ha inoltre una propria shamba (campi con verdure e alberi da frutta) e una fattoria, ma credo questo sia tipico qui, la gente coltiva, raccoglie e alleva quello che mangia. Mi è stato offerto un té nero con del latte appena munto, buonissimo quanto quello che bevo ogni mattina a Chaaria. Sono fortunata.

Dolores

Dolores è una volontaria sarda, da 6 anni viene a Chaaria, conosce molti dei bambini presenti e delle persone legate al Nkabune orphanage, e ha portato dall’Italia presenti di donatori sardi.  Mi spiega che gli orfani sono adottati a distanza da volontari o da parenti di volontari come gruppo e non singolarmente. Dolores pensa che sia bene che quello che viene donato sia ripartito con tutti i bambini del centro e non vada solo a chi ha genitori adottivi. Perciò quando viene in Kenya consegna a Sister Anselmina quanto donato dai benefattori, la quale a sua volta si occupa tramite le donazioni di procurare il necessario, ovverossia cibi, abiti, cure sanitarie, educazione, e quant’altro sia necessario.

Penso che una volta coperti i bisogni immediati e fondamentali di tutti gli orfani, suor Anselmina ed il suo staff possono ricavare maggior tempo ed energia per dare affetto. Se invece i bisogni non sono coperti l’energia va in gran parte investita nel cercare di coprirli e lottare, ed è più difficile poter dare affetto anche se il cuore è grande.

Apprezzo anche il fatto, essendo i doni distribuiti dallo staff, che i bambini non ci vedano come portatori di doni, ma come persone che si interessano a loro. Sia Dolores che noi volontari (due ginecologhe, un pediatra e la sottoscritta) presenti alla visita di oggi abbiamo constatato l’enorme carico di lavoro non solo emotivo, ma anche fisico che comporta gestire un orfanotrofio. Complimenti a Sister Anselmina ed al suo staff. Chiudo con il desiderio di tenere aperto il dialogo con tutti loro perché ho molto da imparare.

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